domenica 27 aprile 2014
martedì 22 aprile 2014
Le lacrime della nostra Madre terra...
LACRIME
Piove...
ogni goccia di pioggia è una lacrima della Terra...
Piange la Terra
non riconosce più i suoi figli,
gli si rivoltano contro,
gli lacerano il cuore,
gli straziano il corpo...
Piange la nostra Madre Terra...
spesso
sempre più spesso,
grossi tremiti La scuotono
violenti singhiozzi La squassano...
E' delusa
amareggiata...
Vede dell'uomo
l'autodistruzione
vede dei suoi figli
l'ingratitudine...
quanto resisterà ancora?
Anche questa poesia, come molte altre, l'ho scritta circa 30 anni fa...Penso che piovesse il giorno in cui l'ho scritta, un temporale credo visto che ho parlato di tremiti e singhiozzi...Allora non sapevo tutte le cose che so adesso; allora non conoscevo quanto abissale e fantasiosa fosse la crudeltà umana; allora non sapevo quanto ingrato e stupido, si stupido, fosse il genere umano...Adesso so tutte queste cose e anche di più ma, non solo non è cambiato niente ma sembra che le cose stiano, se mai, peggiorando. Quindi ho deciso di riproporla oggi che è l'Earth Day, il giorno della Terra, proprio perchè credo che l'autodistruzione dell'uomo e del Pianeta, che l'essere umano, la specie dominante, indebitamente e crudelmente abita, siano quanto mai attuali purtroppo...Certo non basta una semplice poesia, anche molto elementare, per far cambiare le cose ma la giusta consapevolezza che abbiamo solo un Pianeta e che lo stiamo distruggendo forse si!Quindi pensiamoci...siamo sicuri che i nostri figli e se non loro, i loro figli avranno ancora una Madre Terra fra qualche decennio? Vogliamo veramente prenderci questa responsabilità?Sarebbe come pensare che i nostri figli, i nostri nipoti, non avranno un posto in cui vivere! Non un tetto sopra la testa ma proprio un suolo fertile e amorevole come solo una madre sa essere, su cui poggiare le fondamenta della loro vita...Pensiamoci...
Piove...
ogni goccia di pioggia è una lacrima della Terra...
Piange la Terra
non riconosce più i suoi figli,
gli si rivoltano contro,
gli lacerano il cuore,
gli straziano il corpo...
Piange la nostra Madre Terra...
spesso
sempre più spesso,
grossi tremiti La scuotono
violenti singhiozzi La squassano...
E' delusa
amareggiata...
Vede dell'uomo
l'autodistruzione
vede dei suoi figli
l'ingratitudine...
quanto resisterà ancora?
Anche questa poesia, come molte altre, l'ho scritta circa 30 anni fa...Penso che piovesse il giorno in cui l'ho scritta, un temporale credo visto che ho parlato di tremiti e singhiozzi...Allora non sapevo tutte le cose che so adesso; allora non conoscevo quanto abissale e fantasiosa fosse la crudeltà umana; allora non sapevo quanto ingrato e stupido, si stupido, fosse il genere umano...Adesso so tutte queste cose e anche di più ma, non solo non è cambiato niente ma sembra che le cose stiano, se mai, peggiorando. Quindi ho deciso di riproporla oggi che è l'Earth Day, il giorno della Terra, proprio perchè credo che l'autodistruzione dell'uomo e del Pianeta, che l'essere umano, la specie dominante, indebitamente e crudelmente abita, siano quanto mai attuali purtroppo...Certo non basta una semplice poesia, anche molto elementare, per far cambiare le cose ma la giusta consapevolezza che abbiamo solo un Pianeta e che lo stiamo distruggendo forse si!Quindi pensiamoci...siamo sicuri che i nostri figli e se non loro, i loro figli avranno ancora una Madre Terra fra qualche decennio? Vogliamo veramente prenderci questa responsabilità?Sarebbe come pensare che i nostri figli, i nostri nipoti, non avranno un posto in cui vivere! Non un tetto sopra la testa ma proprio un suolo fertile e amorevole come solo una madre sa essere, su cui poggiare le fondamenta della loro vita...Pensiamoci...
domenica 20 aprile 2014
venerdì 18 aprile 2014
Il mio omaggio a Gabriel Garcia Marquez
Ho saputo della morte di G. G. Marquez ieri sera poco prima di andare a dormire, mi ero collegata un attimo per dare un'ultima occhiata e la prima immagine che vedo è l'annuncio della sua morte. Inutile dire quanto mi sia dispiaciuto leggere questa notizia , inutile dire quanto il mondo della letteratura abbia perso un grandissimo autore con la sua morte, inutile dire qualunque cosa...Marquez era, è stato e sarà un grandissimo scrittore considerato tra i propri scrittori preferiti tra quanti amano leggere e conosciuto, in virtù del Nobel per "Cent'anni di solitudine", anche da chi non ha mai preso un libro in mano. Personalmente
tra i libri suoi che ho letto preferisco "L'amore ai tempi del colera" del quale ho molto apprezzato anche la versione cinematografica. Ma non è di questi due libri, che credo siano tra i suoi più famosi, che voglio parlare per condividere con voi il mio personale ricordo, il mio omaggio a Gabriel Garcia Marquez, bensì di un racconto, un piccolo racconto che mi ha molto colpita e che mi ritrovo spesso a citare quando parlo di Marquez o della verosimiglianza, arte in cui lui era maestro e che ha contraddistinto tutti i suoi scritti.Il racconto si intitola"La traccia del tuo sangue sulla neve" ed è l'ultimo di dodici racconti raccolti in "Dodici racconti raminghi". Perchè raminghi...Perchè come dice lo stesso Marquez nella prefazione al libro, furono scritti "nel corso degli ultimi diciotto anni";perchè per lungo tempo rimasero dimenticati tra le pagine di un semplice quaderno scolastico; perchè lo stesso quaderno ad un tratto sparì, probabilmente buttato da Marquez in uno dei suoi rari momenti di ordine febbrile della sua scrivania; perchè cinque di loro nacquero come copioni cinematografici, uno divenne un serial televisivo, uno venne partorito durante un'intervista; perchè voleva parlare delle cose strane che accadono in Europa ai latinoamericani e quindi dopo una prima stesura decise di rifare un viaggio nelle città europee in cui si svolgevano i dodici racconti e così si accorse che le stesse città erano cambiate e dovette riscriverli; perchè furono più le pagine che strappò che quelle che conservò nell'arco dei diciotto anni; perchè lo stesso Marquez, un grande scrittore che vinse un meritatissimo Nobel per quel grande capolavoro che è "Cent'anni di solitudine"si accorse che "il racconto viene o non viene" e lui ci mise ben diciotto anni a partorire dodici racconti brevi che nulla hanno da invidiare a capolavori del calibro di "Cronaca di una morte annunciata" o di "Cent'anni di solitudine " o di "L'amore ai tempi del colera"...Perchè questi racconti sono stati partoriti dopo ben diciotto anni di intenso e sudato e faticoso travaglio...Non so perchè ma mi viene difficile immaginare che una grande mente così creativa e pronta come quella di questo grande scrittore possa averci impiegato quasi un ventennio per scrivere dodici racconti brevi.Eppure...eppure è così non ho motivi per dubitarne dato che lo dichiara lui stesso in una premessa che accompagna questa raccolta.In effetti in questi dodici racconti c'è il Marquez che io adoro, il Marquez capace di raccontare le cose più assurde spingendoti a credere, senza avere alcun motivo per dubitarne, che si! sono cose normalissime che possono capitare a chiunque, il Marquez dei lunghi periodi che ti spingono a leggere tutto d'un fiato e quando finalmente arrivi ad un punto tiri un sospiro e ricominci a respirare... Ed ecco che proprio l'ultimo di questi racconti, tutti particolari e bellissimi è, per me, ancora più bello e, se vogliamo, ancora più assurdo nello svolgersi della vicenda.
La trama è presto detta: due giovanissimi rampolli dell'èlite colombiana, poco più che ventenne lei di un anno più giovane lui, si sposano. Lei appartiene alla ricchissima aristocrazia colombiana lui è altrettanto ricco ma non ha quarti di nobiltà. Lei molto colta, conosce perfettamente e senza accento alcuno ben quattro lingue straniere, raffinata e bellissima; lui altrettanto bello ma completamente incolto, viziato e molto immaturo perchè sempre protetto, nelle sue bravate spesso violente, da un padre ricchissimo e con altrettanto ricchi sensi di colpa nei confronti del figlio.Si incontrano per caso, si innamorano e dopo soli tre mesi si sposano, lei è anche incinta di due mesi, tra "lo stupore dei genitori di lui e la delusione di quelli di lei". Decidono di fare il viaggio di nozze in Europa quindi dopo il ricevimento prendono un aereo che li porta a Madrid dove vengono accolti dall'ambasciatore colombiano in persona che è amico di entrambe le famiglie. L'ambasciatore omaggia la sposa, al suo arrivo in aeroporto, di un magnifico mazzo di rose e la sposa nel prendere queste rose si punge appena l'anulare su cui poco prima il giovane marito aveva infilato la vera nuziale di diamanti. Piccolo incidente a cui non bada nessuno. Dopo il pranzo in ambasciata i due ragazzi partono con la nuova Bentley convertibile color platino. regalo per gli sposi del padre di lui, e si avviano verso la Francia, a Parigi precisamente dove avevano prenotata una suite matrimoniale nel miglior Hotel. Durante il viaggio la ragazza si accorge che il dito non solo non smette di sanguinare ma sanguina in modo sempre più copioso tanto che si vede costretta a tenere la mano fuori dal finestrino per evitare di sporcare ulteriormente i sedili di cuoio bianco della macchina. La sua bianchissima pelliccia di visone si era già macchiata e adesso si comincia a macchiare la neve lasciando una scia rosso sangue su tutto quel candore. Ecco, il candore che accompagna questa storia è una delle cose che più mi ha colpito: macchina color platino nuovissima e scintillante, pelliccia di visone immacolato, anello di brillanti e la prima grande nevicata che Parigi si trova ad affrontare dopo dieci lunghi anni in cui non aveva nevicato per niente. Durante il tragitto verso Parigi, che avviene in piena notte e sotto tormenta, la ragazza peggiora così tanto che quando finalmente arrivano a Parigi e lei con voce sempre più flebile riesce ad indicare al marito la strada per l'ospedale, quella che lui accompagna all'interno dell'ospedale è una giovane donna praticamente svenuta che gli si abbandona pesantemente tra le braccia. La ragazza viene ricoverata il martedì mattina. Il ragazzo sfinito torna alla macchina e dorme fino al giorno dopo e quando si sveglia va in ospedale convinto di poter rivedere la sua sposa ormai perfettamente guarita; ma non sa una parola di francese, non riesce a trovare il medico del giorno prima, che conosceva lo spagnolo, e riesce solo a capire che si la moglie è ricoverata lì ma le visite sono concesse il martedì dalle 9 alle 4 del pomeriggio.Cosa fare? Ignora in quale albergo avessero prenotata la stanza, soldi, documenti, appunti tutto ciò che poteva aiutarlo a muoversi in una città sconosciuta è nella borsetta della sua giovane sposa che è stata portata via con lei...Trascorre i giorni seguenti come un quasi barbone in un umile ma pulitissimo albergo, riesce per puro caso ad arrivare all'ambasciata colombiana dove non possono aiutarlo perchè non conosce il nome dell'ospedale, impara qualche parola di francese necessaria per potersi nutrire ed infine arriva il fatidico martedì successivo...Si presenta quindi in ospedale, casualmente incontra il medico che parla spagnolo e che aveva ricoverato la settimana prima la sua giovane sposa e da lui viene a sapere che...la giovanissima moglie era morta dissanguata la sera del giovedì precedente nonostante gli sforzi, durati ben settanta ore, degli specialisti più qualificati di Francia. Ovviamente si erano già svolti i funerali, in Colombia, perchè erano riusciti ad avvertire le famiglie sia della ragazza che del suo giovane marito ma non erano, nonostante fosse ricercato anche dalla polizia locale, riusciti a trovare lui!Il massimo dell'intuizione Marquez lo ha avuto quando alla domanda del medico" Ma dove diavolo si era cacciato?" il ragazzo, perplesso risponde"All'albergo(...)Qui all'angolo"...
Ecco questo è il mio omaggio a Marquez un omaggio insolito e strano forse, ma il solo modo in cui mi piace ricordarlo (per poterlo ringraziare)...come uno dei più grandi scrittori della verosimiglianza, come uno dei più grandi scrittori capaci di raccontarti una storia che, anche se è assurdo immaginare che possa avvenire nella realtà, non ti impedisce di pensare, appena chiuso il libro: " poveri ragazzi che cosa assurda e terribile..." e lo pensi in modo così sentito e veritiero che ti sembra di aver letto non un racconto ma una notizia di cronaca e ti accorgi che stai piangendo! Stai piangendo per la giovane vita morta dissanguata per la semplice puntura della spina di una rosa e per il suo giovane marito, che non ha potuto nemmeno partecipare al suo funerale perchè a scuola non aveva mai voluto studiare...
Grazie Gabriel Garcia Marquez... grazie per i capolavori che ci hai lasciato...grazie...Riposa in Pace...
Se qualcuno volesse trovarci gli basterebbe seguire la traccia del mio sangue sulla neve!
Immagina una traccia di sangue sulla neve da Madrid fino a Parigi. Non ti sembra bello per una canzone?
(La traccia del tuo sangue sulla neve/1976
Gabriel Garcia Marquez )
lunedì 14 aprile 2014
domenica 6 aprile 2014
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